L’esercizio del dubbio: possiamo essere felici?

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Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice. (Seneca)

Il dubbio della settimana non è di quelli semplici, ma noi giovanotti coraggiosi cresciuti al sole del sud non spaventano le sfide, e la domanda è: siamo “biologicamente” compatibili con felicità?

La felicità è lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.

Noi siamo capaci di percepire la felicità nell’attimo in cui la stiamo provando? Spesso capita di riuscire a percepire tale sentimento solo nell’attimo in cui svanisce, come se l’essere felici non potesse essere collocabile e codificabile nel presente, ma solo una sensazione riconducile a un ricordo.

La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha. (Oscar Wilde)

I bisogni biologici creano una condizione d’attesa e d’infelicità che tende a risolversi nel momento in cui si appaga il proprio bisogno primario: l’appagamento ottiene una condizione di serenità che produce felicità biologica, identificabile con il piacere, la quale influenza anche le altre componenti come la psiche e lo spirito, ciò nonostante l’appagamento biologico sia sottoposto a una temporaneità irrevocabile, frutto del continuo ripresentarsi di pulsioni e istinti dopo il breve periodo di compimento degli stessi.

Forse la matrice biologica del sentimento può darci una prima risposta sull’incapacità di sentire prima del suo contrario (infelicità, necessità, bisogno) e trattenere tale sentimento, ma a noi gente curiosa questo non basta a sciogliere i nostri dubbi sulla natura complessa di tale stato.

La ricerca della felicità per gli animali è limitata alla sopravvivenza e alla gratificazione dei sensi; gli esseri umani hanno la capacità di sperimentare la felicità a un livello profondo che, raggiunto, può sommergere l’esperienza dell’infelicità. (Tenzin Gyatso)

Oggi forse essere felici è ancora più complesso rispetto al passato?

Quando l’uomo ha cominciato a fare grandi passi verso il progresso e la civiltà, ha allontanato la difficoltà nell’esaudire i suoi bisogni primari. Il miglioramento dell’uomo e del suo stato, ha fatto si che la felicità non albergasse più nell’esaudire bisogni ma nell’inseguire sogni.

La felicità e la pace del cuore nascono dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò che gli altri dicono e fanno. (Gandhi)





Epicuro classifica i piaceri dividendoli in tre grandi categorie:

  • «Naturali e necessari», come l’amicizia, la libertà, il riparo, il cibo, l’amore, il vestirsi, le cure ecc;
  • «Naturali ma non necessari», come l’abbondanza, il lusso, case enormi oltre il necessario, cibi raffinati ed in abbondanza oltre il necessario;
  • «Non naturali e non necessari», come il successo, il potere, la gloria, la fama ecc.

Cosa sogniamo oggi?

Oggi sogniamo: fama (spesso effimera), donne da copertina (figlie di photoshop), lavori con posizioni di potere (per pochi eletti).

La felicità per forza di cose si fa sempre più lontana tanto più sono grandi i nostri sogni ed i nostri desideri?

Probabilmente si, ma i nostri desideri sono nostri in quanto tali o indotti dai nuovi bisogni dettati dal consumo e della comunicazione di massa che genera?

Tutti siamo sempre meno abituati alla sofferenza ed al duro lavoro, teso al soddisfacimento – in ambienti ostili – di un bisogno primario, quindi totalmente inadatti alle sfide. Forse, gli stessi sogni sono sempre più a buon mercato ed alla portata di chiunque si accontenti dell’effimero. Ora si può essere famosi per qualche attimo e senza particolari doti partecipando ad un reality o avendo sèguito sui social.

Quindi si riesce ad essere felici più facilmente oggi?

Sicuramente riusciamo ad indurre in noi stati euforici, surrogati di felicità per velocissimi piaceri «non naturali e non necessari». Non abbiamo una misura, ora si rincorrono tanti piccoli e raggiungibili attimi di gioia più che uno status duraturo di benessere (le scommesse sportive hanno sostituito il totocalcio). Tutto oggi è sempre più smart e più veloce, noi siamo parametrizzati sull’instabilità (anche sentimentale) e proviamo a vivere e stare a galla nel mare della modernità globale e condivisa. L’essere connessi con il mondo e il fatto di essere sempre più social genera un’oscillazione ancora più veloce del sentimento (la vita media di un post nei social network è di tre ore), svuotandolo completamente del suo aspetto biologico.

Quasi tutti gli uomini per essere felici da sempre desiderano almeno essere riconosciuti ed amati: oggi ci amiamo in pillole virtuali ed esprimiamo apprezzamenti in like.

La vera felicità dell’uomo sta nell’accontentarsi. Chi sia insoddisfatto, per quanto possieda, diventa schiavo dei suoi desideri. (Gandhi)

Altri dubbi mi vengo in mente, l’essere felice è una condizione temporanea e complessa da discutere, prometto di riprendere il discorso e sopratutto di farlo in maniera meno raffazzonata, ma il mio tempo ed il mio spazio è finito per questa settimana, alla prossima, ciao.

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