L’esercizio del dubbio: esistiamo?

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Per introdurre l’arzigogolato argomento che da sempre mi manda in pappa il cervello sono costretto a partire dalle radici geografiche del dubbio: la Grecia antica. Questo breve e forse sconclusionato trip parte dalla filosofia per finire alla fisica quantistica (nuova filosofia?): Platone fu il primo a distinguere esplicitamente l’essere dall’esistere, in particolare egli attribuiva l’esistenza alla condizione umana, sempre in bilico tra essere e non-essere, sottoposta alla contingenza e al divenire, mentre l’essere è la dimensione ontologica più vera nella quale si trova il mondo delle idee, incorruttibile, immutabile, ed eterno.

Quindi, l’essere in antica Grecia non era riferibile all’umana condizione del singolo, poi nei secoli a venire sarebbe arrivata la tv e la politica di partito a cambiare le regole della percezione della dimensione ontologica. L’immutabile ed etereo sono ancora presenti nel mondo delle idee contemporanee, sull’incorruttibile ci sarebbe da discutere, ma questa è un’altra storia.

Nel novecento, l’esistenzialismo rifletteva sulla problematicità del senso della vita, incentrando queste riflessioni intorno alle domande: «che cos’è l’essere?» e «che cosa vuol dire esistere?»

Queste domande sono spesso avvertite e poste come fondamentali nel momento in cui l’io è in crisi rispetto al vivere e all’essere al mondo. L’esistenzialismo a mio dire tornerà di gran moda per l’autunno/inverno 2014: nell’epoca contemporanea, intrisa di scientismo e materialismo, l’uomo vuole vivere, sente se stesso come un essere fatto per la vita, e il rischio di essere consegnato al non-essere perpetuo è fonte di una profonda angoscia esistenziale.

La scienza ci ha insegnato a pensare che la vita sia solo l’attività generata dalla combinazione del carbonio e di una miscela di molecole.

La filosofia realista greca afferma che la realtà esiste di per sé, prescindendo dall’esistenza dell’osservatore. Oggi la fisica quantistica risponde sostenendo che l’osservatore è determinante nella formazione della realtà. In effetti, la realtà che noi percepiamo con i nostri sensi è l’incontro tra il funzionamento di base dell’universo, che potenzialmente può assumere infinite forme, e la presenza dell’osservatore, che ne determina con la sua coscienza la forma.

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Robert Lanza, direttore scientifico presso l’Advanced Cell Technology, fa un esempio sul modo in cui percepiamo la realtà intorno a noi: una persona percepisce il cielo come di un certo colore, e gli viene insegnato che quel colore si chiama blu, ma le cellule del cervello di un’altra persona potrebbero percepire un colore diverso, che chiamerebbe sempre blu, ma che potrebbe corrispondere al mio verde.

La fisica quantistica sembra confermare le teorie dei filosofi idealisti, i quali hanno sempre pensato che la realtà fosse un prodotto della mente dell’uomo. Una volta che spazio e tempo vengono accettati come costrutti della nostra mente, significa che la morte e l’idea di mortalità sono un fenomeno legato all’esperienza sensoriale della nostra coscienza. Con la morte del nostro organismo la nostra coscienza entra in una condizione dove non esistono più confini spaziali e temporali: l’eternità!

George Orwell ha definito «l’esistenza» nel suo celebre romanzo 1984: O’Brien spiega a Winston che la verità risiede in ciò che si crede e che l’esistenza non è altro che una delle tante convinzioni che gli uomini possono avere. Uccidere un uomo e cancellare i suoi documenti dagli archivi senza lasciar traccia rende lo stesso un fantasma che non è mai esistito: l’ultimo baluardo della sua esistenza è, a quel punto, solo la memoria di chi lo ha conosciuto.

Domande senza risposta continuano a rincorrersi nella mente dell’uomo da sempre; io amo chiedermi il perché delle cose e pormi gli stessi dubbi dei miei illustri antenati, ma, quando una risposta tarda a venire o semplicemente sono questioni troppo al di sopra della mia intelligenza e delle mie percezioni, cerco scappatoie semplici e comode. In questa calda notte di maggio, io esisto e continuerò ad esistere, fino a quando avrò il gusto di farlo. Ora mi sento pieno della mia esistenza, e fagocito la gioia dell’essere addentando una saporita fetta d’anguria.

Tra fisica e filosofia anche questa settimana credo di essermi perso, lo spazio è finito e con esso anche il tempo per eventuali rettifiche (è tarda notte), quindi, cordiali saluti, ciao.

 

 


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