Racconti: Murder on the disco floor!

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Murder on the disco floor



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Mettere la gelatina nei capelli poco prima di uscire a fine novembre è una scelta coraggiosa. I vanitosi come me, sono impavidi eroi? Ogni eroe ha una missione ed io ho la mia. Il sabato devo espandere, fino ai confini dell’ universo conosciuto, il mio ego. Devo essere figlio della perfezione, l’ammirazione proiettata e riflessa negli sguardi affascinati che mi scrutano è l’essenza del mio essere “disco floor leader”. A mio modo, sono un paladino del buon gusto e dello stile, un esempio per le masse che mi tendono la mano in discoteca. Anche questa sera lavoro alla mia immagine, la doccia è stata fatta, il profumo e stato messo, la tosatura da barboncino al petto “tiene botta” da oltre una settimana, sono quasi pronto. I vestiti da indossare in questo mio ultimo sabato sera, li avevo decisi da una settimana, tutto deve essere giusto e perfetto. Il capo d’abbigliamento, che non vedo l’ora d’indossare, sono i calzini neri a scacchi rossi comprati in mattinata. Perso nei mie pensieri continuo a prepararmi distrattamente. Sono anni che non suono più, la musica ha smesso di interessarmi nel momento in cui ho cominciato ad essere completamente assorbito dalla cura del mio personaggio, dalla mia maschera di perfezione. Penso e ripenso. Una volta aveva un senso essere amato dal popolo della notte, ero un bravo dj, oggi cosa sono? Forse sono un semplice collezionista di presenze ad eventi mondani?Disco_roots_live

Da qualche tempo ho preso coscienza di essere semplicemente un furbetto, un personaggio pigro, afflitto da una mastodontica passione per la caccia alla donna. La preparazione a questa mia ultima serata in disco è stata maniacale. Sono sveglio dalle sei in punto di questa mattina ed avevo un solo intento: trovare il capo mancante alla mia “mise” perfetta. Il capo in questione erano dei calzini visti in tv qualche settimana prima ad i piedi dello “stylosissimo” cantante dei Franz Ferdinand. Quelle calze dallo stile vintage erano la chiave per il mix che mi ero prefissato. La fantastica scacchiera di filo di scozia era stata stanata dopo maniacali ricerche in una boutique del centro, la cifra del compiaciuto investimento è stata di quattordici euro e novanta. L’ acquisto aveva provocato in me una lieve sensazione di gioia, una sensazione perduta da quasi sei mesi. Gli ultimi ritocchi al mio unto ciuffo e sono quasi pronto per la serata. Lo sguardo severo scruta lo specchio ancora leggermente appannato dai vapori della doccia, guardo con attenzione i dettagli e riconosco sul mio volto un chiaro segno di turbamento interiore, le labbra secche. Il pensiero scorre a ritroso nel tempo, le immagini nella mia mente tornano a questa mattina. In centro ho incrociato un amico delle elementari, Bruno Guida. Per qualche minuto ci siamo guardati e poi lui a pieni polmoni ha esclamato: “Marco!?” Prima di rispondere al suo saluto, ho pensato che era da una vita che non mi sentivo chiamare con il mio nome di battesimo. Sono secoli che per tutti mi chiamo “Mega”. Lo pseudonimo, alquanto discutibile, me lo ero scelto da solo alle medie, quanto cominciai a smanettare con i primi synth analogici, erano i tempi in cui volevo essere un Kraftwark. Lo specchio non mente, i pensieri hanno nuovamente mutato la mia preoccupata espressione, dopo questa mia ultima serata da “fenomeno”, tornerò ad essere Marco per tutti.

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Mocassini neri, calzini in tinta a scacchi rossi, jeans neri a vita bassa e camicia bianca con cravatta nera. Ora sono realmente pronto. Apro la porta, scendo le scale, senza motivo sono investito da una tristezza infinita. Trattengo a fatica le lacrime, è l’ultima volta che celebro questo sacro rito del sabato sera, ho promesso. Giorgia non sa di questa sera ed io non sapevo nulla di lei fino a sei mesi fa. Giorgia è a casa della madre, oggi ha vomitato tre volte. Sono in garage, tiro fuori la mia auto da divo, metto in moto il motore e con lui ripartono i miei pensieri. Io amo Giorgia? Non lo so. Mi chiamo Marco, ho trentacinque anni e tra qualche mese sarò padre. Non sono sicuro che possa piacermi realmente il mio futuro prossimo, mi tremano le gambe. Scuoto la testa in maniera fortissima, spero di scacciare via i mie cattivi pensieri, dopo questa sera è tempo di cambiare. Proverò a dare un senso alle mie settimane, giuro. Farò tutto quello che si deve fare, ma dopo questa sera, ora no. In questa fredda notte devo autocelebrare il funerale di Mega, lo ammazzerò in pista, come merita. Mi chiamo Marco, ho trentacinque anni, domani taglio i capelli e vendo la macchina.

 

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