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Ho perso i colori: io volevo solo essere juventino in santa pace!

Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi. (Gianni Agnelli)

 

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…ed io volevo solo essere juventino in pace!

Ero piccolino e mi piaceva Michel Platini, il campione assoluto del nostro campionato; erano i primi anni ottanta e Maradona non era ancora il Re di Napoli e del calcio mondiale. Non mi ricordo con precisione il momento in cui scelsi i colori della “Vecchia Signora”… mi piaceva tanto la  maglia e lo stile calmo e pacato della dirigenza. I colori eleganti, le strisce verticali, la classe di Platini, le vittorie in Europa, la Juve mi faceva compagnia nei pomeriggi di coppe europee in tv ed io ammiravo le sue imprese sognando di diventare calciatore. All’epoca era semplice scegliere, all’epoca nessuno poteva giudicare male la mia simpatia, ero un bambino innamorato del calcio ed avevo scelto di essere juventino!

 

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Qualcuno a quel tempo avrebbe dovuto mettermi  in guardia su cosa sarebbe stato  poi essere tifoso della Juve! Mio padre non ha mai amato il calcio e tutto quello che poi ho  imparato su questo sport e sulla sua storia è stato un cammino lungo e senza internet. I primi anni delle elementari filavano via lisci, tra le dispute con i compagni su chi era il miglior calciatore della serie A e su quali colori indossava o avrebbe indossato a breve il campione in questione. Gli anni passavano e vennero i tempi di: Ian Rush, Gigi Maifredi, Oleksandr  Zavarov,  Rui Barros, aumentarono gli sfottò per gli insuccessi della mia squadra del cuore, ma essere juventino era ancora relativamente semplice.

 

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A Torino qualcuno decise che era tempo di tornare a vincere, nel 1994 dalla capitale  arriva Luciano Moggi, passa alla Juventus dell’amministratore delegato Antonio Giraudo e dove verrà definito dall’avvocato Gianni Agnelli «lo stalliere del re  che deve conoscere tutti i ladri di cavalli» e da quel giorno essere juventino non è stato più lo stesso.

In questo articolo non voglio fare processi o parlare di cosa sia successo in quegli anni e cosa sia rimasto oggi, io voglio solo palesare quanto è stato difficile essere juventino a quel tempo e quanto lo sia ancora oggi: vergognarsi per una vittoria, dover dire a fatica per chi si fa il tifo, cercare di arrampicarsi sugli specchi per giustificare l’ingiustificabile dei tanti episodi e sopratutto dover far fatica a credere ancora nello sport che tanto si ama.

Ora sono stanco, oggi abbiamo vinto con la Roma ( 05/10/2014) e non ho esultato: vincere così non mi piace! Oggi sono ufficialmente disamorato e diventa impossibile mantenere la mia “Fede”. Cambiare squadra non è pensabile, è come sostituire la propria famiglia: posso perdere i miei affetti, ma non posso sostituirli. Non riconoscersi più nei nei valori attuali mi rende un uomo senza squadra: sono un uomo che ha perso la sua anima calcistica, sono un uomo a cui hanno rubato i colori.

 

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Nato a Napoli nel giugno del '78, abbandona le arti per amore del vile denaro e si laurea in economia aziendale; diventa commercialista e si pente poco dopo. Fonda delle aziende tra cui la Odd Creative, è dirigente di una squadra di calcio, odia le cipolle e la stupidità in genere, ama in maniera smodata la frase: liscio come l'olio.

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