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Palahniuk quando le CAVIE siamo noi!

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Tutti coloro che lasciano un segno vantano storie di sacrifici e difficoltà, pregiudizi e privazioni che in un modo nell’altro accendono la miccia che alimenterà il fuoco del genio; questo caso non è da meno, anche se visto il personaggio è più probabile che abbia personalmente posizionato i candelotti di tritolo in modo tale che l’esplosione fosse spettacolare.

Charles Michael Palahniuk nasce nello Stato di Washington, il 21 febbraio del 1962 . E’ un intruglio razziale, padre di origini ucraine, madre statunitense ma con origini francesi e russe; a dispetto del sogno americano rincorso dai genitori, vivevano in 6 in una casa mobile fino al divorzio dei genitori.

Come da copione i litigi dei genitori, la separazione dal padre, il continuo essere sballottato tra i vari nonni contribuiscono a far crescere il lato oscuro del giovane Chuck.

“I miei genitori si separarono quando avevo quattordici anni. Ricordo che io e miei fratelli, che soffrivamo per questa situazione [..] quando papà e mamma litigavano, uno di noi si immolava fingendo una qualche emergenza che li distraesse e li facesse smettere. Io una volta arrivai a pestare volontariamente un chiodo a piedi nudi. Un giorno sono venuto a sapere di teologi del Millecinquecento che si prefiggevano di ingannare sia Dio che il Diavolo per farli riconciliare, mettendo fine a tutti i problemi della Creazione.

Come noi coi nostri genitori”

Non ha difficoltà a parlare delle sue emozioni Charles; ha sempre sviscerato gli elementi oscuri di sé, nei suoi libri è facile trovare “l’episodio della svolta” quell’elemento che colpisce nel profondo quello che l’ha spinto ad aprire la pagina Word ed iniziare un nuovo racconto.

[ Parlando della protagonista di DANNAZIONE ]“L’ho inventata mentre assistevo mia madre, che stava morendo di cancro. Siccome ero già orfano di padre, ucciso da un criminale impazzito di gelosia, mi rendevo conto che stavo per rimanere senza genitori. Sentivo di dover esorcizzare tutta questa tensione nella scrittura. Ma chi avrebbe voluto leggere di un cinquantenne depresso che rimpiange i suoi genitori? Così ho ribaltato la situazione: ho scritto di una bambina vitalissima, seppure fantasma, che, dall’inferno, sente la mancanza dei genitori, vivi, e cerca di riunirsi a loro nell’unico modo possibile: mal consigliandoli per farli finire all’inferno con lei. Come si vede in Sventura, i genitori di Madison cadono nell’inganno, addirittura fondando la religione che prevede l’ascesa celeste attraverso comportamenti riprovevoli”

Laureatosi alla scuole di giornalismo dell’Oregon nel 1986, decide ben presto di appendere la cronaca al chiodo per dedicarsi alla manualissima arte della meccanica, diventa meccanico di motori diesel e si dedica al volontariato [ ndr lascerà dopo la morte di un paziente a cui era affezionato]. Sono queste le esperienze che gli offrono gli input che definiranno lo stile della sua scrittura. Inizia a scrivere di punto in bianco dopo i 30 anni, lo fa partecipando a dei gruppi di scrittura:

“Quando a Portland lasciai il lavoro di meccanico per fare lo scrittore, frequentai dei workshop di scrittura. Ci andavano soprattutto tranquille signore di mezz’età. Un giorno scrissi una storia dove un giovane, durante un tentativo di amplesso, sgonfia una bambola gonfiabile che gli ricordava la sua ragazza e viene poi scoperto in questa situazione imbarazzante. La volta che lo lessi a voce alta davanti agli altri, fui cacciato dal corso. Ma l’insegnante mi consigliò di frequentare i workshop di Tom Spanbauer, uno scrittore che non si faceva spaventare dai temi scandalosi che amavo. Andai da lui e diventai me stesso”

Ciò che accomuna i critici, gli editori, i fans e i non fans di Palahniuk, nell’analisi del suo stile è una parola CRUDO. Le narrazioni sono veloci, prive di avverbi, particelle inutili ghirigori stilistici che possano rallentarne la lettura, le sue storie le leggi tutte d’un fiato, a volte anche trattenendolo fino quasi a svenire:

” […] mi attrae moltissimo il senso di fratellanza che nasce nelle situazioni estreme. Prenda il mio racconto Budella, contenuto nel libro Cavie . Quando lo leggo in pubblico, chiedo agli spettatori di trattenere il fiato il più possibile. Questo ha già fatto svenire oltre duecento persone. Io li vedo, quando inizio a leggere: tutti ancora lì seduti rigidi e infastiditi dal minimo contatto con l’estraneo della sedia accanto. Ma quando qualcuno comincia a svenire, succede il miracolo. La persona a terra diventa il centro dell’attenzione e delle cure degli altri. E quando riprende i sensi, si sparge un’incredibile euforia, come una piccola resurrezione di Lazzaro”.

Stilisticamente vicino ai Cannibali italiani, a Welsh, a De Lillo, Palahniuk è uno scrittore delle masse nei temi e nel linguaggio. Amore, odio, rivalsa sociale, accettazione, morte, moralità, infanzia, famiglia, sessualità e religione sono perfettamente nascosti in superficie tra il grottesco e l’assurdo dei personaggi di cui racconta le storie. Per questo motivo Fight Club, Soffocare, Invisible Monsters, Cavie sono entrati di diritto nelle case dei lettori senza che nessuno dovesse spiegargli di cosa parlavano e senza che loro sentissero il bisogno a fine della lettura di esprimere un commento in merito.

Ma come in ogni storia che si rispetti, come ogni protagonista di un qualsivoglia romanzo che sia “Cime tempestose” o “il Lercio” il fine ultimo è sempre la ricerca dell’Amore e a questa banale verità non riesce a sfuggire nemmeno Chuck:

“ […] Certo, i miei personaggi, compresa Madison, mentono, manipolano e possono fare cose spregevoli. Ma lo fanno solo per essere amati, ricongiungersi con gli altri. O anche solo essere accuditi, come il protagonista di Soffocare, che si fa salvare la vita da sconosciuti per poter essere abbracciato e perché qualcuno si prenda cura di lui”.

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