La recensione del nuovo album dei Calibro 35 – S.P.A.C.E.

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Che quello dei Calibro 35 fosse un universo in espansione, l’avevamo già intuito un paio d’anni fa con Traditori di tutti, allorché la colonna sonora immaginaria non era più un accompagnamento cinematografico, ma addirittura la trasposizione in musica di un’opera letteraria, vale a dire l’omonimo romanzo di Giorgio Scerbanenco. Con S.P.A.C.E., al contrario, gli ineffabili Enrico Gabrielli, Massimo Martellotta, Luca Cavina e Fabio Rondanini si lasciano (definitivamente?) alle spalle il mondo del poliziottesco per proiettarsi – appunto – nello spazio, accomodandosi in ambientazioni che potrebbero fare da sfondo a un libro di Asimov, o da soundtrack sci-fi anni Settanta (il decennio di riferimento è sempre quello).

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Da un lato, i Calibro 35 mantengono pressoché intatto il timbro funk-rock che ne contraddistingue le gesta, ampliando la gamma degli strumenti a MiniMoog e ARP Odissey, qui affiancati ai “tradizionali” Farfisa, Hammond e Vox. Il risultato corrisponde a brani quali S.P.A.C.E., Bandits On Mars, l’ipnotico Ungwana Bay Launch Complex e Across 111th Sun, ipotetiche, trascinanti colonne sonore di saghe interstellari – o, se preferite l’ambito letterario, di avventure con protagonista Lucky Starr. D’altro canto, l’inesplorata ambientazione cosmica consente ai quattro di spaziare – passatemi il gioco di parole – verso soluzioni più sperimentali e lontane dai loro parametri, in un arco che abbraccia le pulsioni prog di An Asteroid Called Death, le metriche dub di A Future We Never Lived e le improvvisazioni diSomething Happened On Planet Earth. Registrato in presa diretta e su nastro analogico al Toe Rag Studio di Londra, edito dalla ormai “solita” Record Kicks, S.P.A.C.E. apre un nuovo capitolo per i Calibro 35, ma soprattutto conferma l’intenzione del combo di superbi strumentisti di aprirsi a nuovi mondi e a ulteriori forme sonore. Verso l’infinito e oltre.

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Fonte: ilmucchio.it

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