Ogni anno politico che va via ha i suoi peones da ricordare.

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse29-07-2015 RomaPoliticaSenato - Voto su arresto senatore AzzolliniNella foto Antonio Azzollini festeggiato dagli altri senatori dopo l'esito del votoPhoto Roberto Monaldo / LaPresse29-07-2015 Rome (Italy)Senate - Vote on arrest of the senator AzzolliniIn the photo Antonio Azzollini

Gli autori di un anno politico di porcate travestite da emendamenti o ddl, i senatori che mimano i gesti sessisti, le nuove stelline renziane e i mitici bersaniani: da Antonio Azzollini a Roberto Cociancich, Sergio Boccadutri e Anna Ascani. Ogni anno politico che va via ha i suoi peones da ricordare. Parlamentari che d’improvviso diventano eroi per un giorno, ma non per caso. Nel caso italiano, dopo l’era degli avvocaticchi sconosciuti delle leggi ad personam di Berlusconi, il menù del 2015 è vario: senatori del Pd che scrivono porcate travestite da emendamenti oppure senatori ex berlusconiani salvati dall’arresto o che fanno gesti sessisti.

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Roberto Cociancich – L’ultimo giorno di settembre, il sarcasmo di Paolo Romani, capogruppo forzista a Palazzo Madama, ha rasentato il genio. Esordì in aula leggendo la biografia ufficiale del senatore Roberto Cociancich del Pd e chiosò: “Senatore Roberto Giuseppe Guido Cociancich alzi la mano così la riconosciamo”. A sua volta, anche Cociancich aveva manifestato del genio, seppur del male. Un emendamento che in un colpo salvava l’articolo 1 delle riforme costituzionali da ben 19 voti segreti e da decine di milioni di emendamenti calderoliani. In realtà alcuni dubbi sul testo Cociancich (di chi la paternità?), non sono mai stati svelati. L’ex montiano Di Maggio definì il collega del Pd come un fervente “jihadista della maggioranza”.

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Sergio Boccadutri – Sempre al Senato, tornato luogo di feroce pugna partitica, a metà ottobre i grillini hanno accolto il premier Matteo Renzi con la gigantesca riproduzione di una carta di credito. Sopra, c’era scritto: “Boccadutri card”. Dal nome di un deputato siciliano del Pd, con un passato da tesoriere della vendoliana Sel. Sergio Boccadutri è finito in prima pagina sui giornali per un ddl che restituisce 45,5 milioni di soldi pubblici ai partiti, per il biennio 2013-2014.

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Anna Ascani – In autunno, sembrava che sul piccolo impero del giglio magico fosse sorto un nuovo sole abbagliante. Quello di Anna Ascani, ambiziosa deputata umbra di ascendenze democristiane. Sembrava addirittura che fosse arrivata a bordo dell’elicottero del premier all’inutile seminario Ambrosetti, ma Palazzo Chigi, tra i tanti, milioni di dossier depositati sulla scrivania renziana, trovò il tempo di smentire la notizia. Da allora però la stella di Ascani brilla forte e luminosa tra le anonime truppe del Pd che vagano a Montecitorio.
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Antonio Azzollini – Tra cent’anni, Antonio Azzollini sarà ricordato per la presunta minaccia di fare la pipì in bocca a una povera suora. In teoria, Azzollini dovrebbe essere un pio e devoto senatore centrista di Ncd, timorato di Dio. In realtà è stato il potente presidente della commissione Bilancio, dispensatore di tante cose. E così alla fine di luglio è stato salvato a Palazzo Madama dalla richiesta di arresto per il crac della Divina Provvidenza, casa di cura pugliese. La minaccia di minzione sarebbe rientrata tra le sue funzioni di commissario. Decisiva per evitare l’arresto, la libertà di coscienza del Pd.
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Giuseppe Lauricella – Deputato della minoranza del Pd, grandissimo esperto di leggi elettorali. Ciclicamente il nome di Lauricella diventa dirompente. Nel caso dell’Italicum ha messo a rischio più di una volta la legge renziana. L’ultima, con un testo per abolire il ballottaggio, passato alla cronaca come la “clausola anti Movimento 5 Stelle”.

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Miguel Gotor – Lo storico Miguel Gotor, senatore dal 2013, non è proprio una meteora. Il suo pensiero saldo e denso è un pilastro della minoranza del Pd. Epperò, quel provocatore di Vincenzo De Luca, governatore campano, lo ha ridotto a peone con una memorabile perfomance tv. A chi gli chiedeva delle critiche di Gotor, De Luca rispose, arrotando la erre finale all’infinito: “Gotorrrrrrrrrrrr. Pensavo fosse un ballerino di flamenco, un tanguero. Gotorrrrrrrrrrrrrrrr”.

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Lucio Barani – Socialista craxiano, nominato al Senato con Berlusconi e oggi neorenziano. Gira con il garofano all’occhiello e costituisce con Vincenzo D’Anna l’avanguardia rivoluzionaria dei verdiniani usciti dal centrodestra, la fatidica Ala. Durante il convulso dibattito a Palazzo Madama sulle riforme, Barani è stato accusato di aver mimato un rapporto orale alla senatrice grillina Barbara Lezzi. Paola Taverna, altra esponente del M5S, gli gridò: “Porco e maiale”. Barani si è difeso dicendo che la mano stava a indicare solo dei fascicoli da ingoiare. La moviola sul gesto sessista è stata lunga e laboriosa. Alla fine, Barani è stato sospeso.
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Serenella Fucksia – Marchigiana, ha trascorso due anni e mezzo in bilico all’interno del gruppo grillino al Senato. Le sue dichiarazioni disegnano spesso traiettorie fuori dal comune. Come quando disse di non capire le critiche a Calderoli per aver chiamato “orango” l’ex ministro Kyenge. L’enorme colpa che l’ha spinta fuori dal M5S, con la solita epurazione votata dal mitico web, è stata quella di aver dubitato della mozione di sfiducia a Boschi per il conflitto d’interessi su Banca Etruria.
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Francesco Paolo Sisto – La riduttiva definizione di eroe per un giorno è un durissimo colpo all’ego smisurato di Francesco Paolo Sisto, avvocato pugliese di Forza Italia che un giorno in aula proclamò: “Onorevoli colleghi, il 27 aprile del 1955 fu un giorno importante per la Repubblica perché fu varato il decreto 547, la legge cardine della sicurezza del lavoro, e poi perché, permettetemi la divagazione, è il giorno in cui sono nato io”. Sul finire dell’anno, Sisto ha accarezzato, cullato, custodito il sogno di diventare giudice della Corte costituzionale. Così è stato l’uomo da inseguire, per fare ritratti e interviste. Purtroppo per lui non ce l’ha fatta perché il fastidio per il suo ego ha tagliato trasversalmente tutto il Parlamento.
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Gaetano Piepoli – Il tormentone, durato due anni e mezzo, dell’elezione dei giudici della Consulta ha gettato nella mischia nomi mai sentiti prima e destinati a diventare familiari dopo cinque minuti, a furia di andare in giro a chiedere notizie. Così è stato anche per Gaetano Piepoli, deputato di una microfazione centrista che fa capo a Lorenzo Dellai, ex sindaco di Trento ed ex montiano. In un primo momento qualcuno pensava che fosse il più noto sondaggista a essere candidato. Invece, Gaetano Piepoli esiste sul serio.

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