A whiter shade of pale: una criptica perla

Share:
Metti mi piace alla nostra pagina!

“A Whiter Shade of Pale” , dei Procol Harum è l’alchimia che a volte, senza alcun motivo apparente, si innesca e rimane lì, immutata nel tempo: il testo ermetico di Keith Reid, sul quale critici e fans continuano a scervellarsi, una melodia struggente vagamente ispirata all’Aria sulla quarta corda dalla Suite n. 3 in sol maggiore di Johann Sebastian Bach, il mitico organo Hammond che massacra di brividi la pelle dell’ascoltatore, la voce pastosa, calda e graffiante da bluesman di Gary Brooker.




.

.

Uscita, anzi, esplosa nel 1966, si becca nel 1968 il premio come migliore canzone dell’anno, e possiamo dire che da quel momento la sua notorietà non è mai scesa, anzi. Dicono siano state 800 le cover version tra le quali quella di Annie Lennox del 2009, ma, dalla sfilza di nomi illustri, possiamo citare Bonnie Tyler, Michael Bolton, Engelbert Humperdinck, Richard Clayderman, Eric Clapton, Joe Cocker, Buddy Richard …. Inserita in varie colonne sonore di film, secondo una classifca stilata da BBC e PPL (Phonographic Performance Limited) è il brano più suonato nei luoghi pubblici degli ultimi 75 anni (da quando esiste la PPL per intenderci)

Personalmente continuo a preferire l’Originale (maiuscolo), con quella che continua a venir considerata una delle più belle voci del rock, Gary Brooker, e con quell’arrangiamento pulito, essenziale ed epico che, a distanza di quasi 50 anni non riesce proprio a perdere splendore.

Come se non bastasse (e lo dicevo all’inizio) il testo continua ad essere tanto coinvolgente quanto criptico. Mogol, nella traduzione in italiano per la cover Senza Luce dei Dik Dik l’ha glissato in pieno: al di là del fatto che in Italia eravamo abituati a testi molto, molto più semplici, provar a comprendere questo per poi tradurlo sarebbe stata davvero un’impresa non dappoco.

We skipped the light Fandango[1]
Turned cartwheels ‘cross the floor
I was feeling kinda seasick
But the crowd called out for more
The room was humming harder
As the ceiling flew away
When we called out for another drink
The waiter brought a tray

And so it was that later
As the miller told his tale [2]
That her face, at first just ghostly
Turned a whiter shade of pale

She said: “There is no reason
And the truth is plain to see”
But I wandered through my playing cards
And would not let her be
One of sixteen vestal virgins
Who’re leaving for the coast
And although my eyes were open
They might just as well’ve been closed

And so it was…

Ignorammo le luci del Fandango
Come i carrelli che giravano sul pavimento
Sentivo una specie di mal di mare
Ma la folla chiedeva il bis
Nella stanza il mormorio era così forte
Da far volar via il soffitto
Quando chiedemmo ancora da bere
Il cameriere arrivò con un vassoio

E fu così che poi
Mentre il mugnaio raccontava la sua storia
Il volto di lei, dapprima solo spettrale,
Schiarì in un’ombra pallida

Lei disse: “Non c’è motivo
Lo vedi da solo come stanno le cose”
Ma io vagavo fra le mie carte da gioco
E non avrei permesso che lei fosse
Una delle sedici vergini vestali
In partenza per la costa
E anche se i miei occhi erano aperti
Sarebbe stato lo stesso se fossero stati chiusi

E fu così…

[1] Fandango: in molte traduzioni viene inteso come la danza spagnola, ed il resto del verso ci starebbe bene, ma dopo aver letto numerose interviste sia al paroliere Keith Reid che a Gary Brooker, mi sento di avvalorare la tesi che si tratti di un locale, il Fandango, che sta semplicemente chiudendo.

[2] Il prologo e il racconto del Mugnaio è la seconda novella de I racconti di Canterbury (1380 circa), un’opera in versi (incompiuta) del poeta inglese Geoffrey Chaucer.

.

20121002-procol-harum-624x-1349204918

.

Un gruppo di pellegrini, persone di varia estrazione sociale, si incontrano in una locanda per iniziare il loro viaggio: la visita il santuario di Saint Thomas Becket, a Canterbury. L’oste si offre di far loro da guida e propone di ingannare il tempo del percorso raccontando ognuno quattro storie, due all’andata e due al ritorno, mentre l’oste alla fine giudicherà la storia più bella.





Una delle storie è narrata da un mugnaio e parla di un amante che, convinto di baciare la sua bella, bacia invece il posteriore di un falegname: plausibile, a questo punto, l’impallidire deciso della ragazza, davanti ad una storiella sconcia.

Eppure (anche questo in diverse interviste) Keith Reid sostiene di non aver mai letto I racconti di Canterbury. Non c’entra nulla, quindi, il mugnaio della storia con il testo della canzone?

In un’intervista a SongFacts, Keith Reid dice:

“E’ una specie di film, in realtà, che cerca di evocare l’umore e raccontare una storia. Si tratta di una relazione. Ci sono i personaggi e c’è un luogo, e c’è un viaggio. Puoi ottenere il suono della stanza e la sensazione della stanza e l’odore della stanza. Ma certamente c’è un viaggio in corso, non è una collezione di idee senza connessione. Ha un filo che le unisce. “

“Quello che provo con le canzoni è come quando si ha un pezzo di puzzle, l’ispirazione o una qualsiasi altra cosa. In questo caso ho avuto quel titolo,‘Whiter Shade di Pale’ e ho pensato, c’è una canzone qui. E si compone il puzzle inserendo il pezzo che hai. Cerchi di comprendere il quadro generale, trovi quello che manca ed inserisci quel pezzo.”

Altra intervista, del 2008 alla rivista Uncut, sia allo stesso Keith Reid che a Gary Brooker:

Gary Brooker:

“Avevo ascoltato un sacco di musica classica e Jazz. Avevo suonato il rock e R & B per anni, i miei orizzonti si erano aperti. Quando ho incontrato Keith, leggendo i suoi testi ho pensato: ‘Mi piacerebbe scrivere qualcosa su questo.’ Non erano chiari, evidenti, ma questo non importa. Non è necessario comprenderne il significato, ma comunicare un’atmosfera. ‘A Whiter Shade Of Pale’ sembrava racconare di due persone, di un rapporto. E ‘un ricordo. C’era una partenza e un’atmosfera triste. Raggiungere l’anima di quei testi attraverso l’enfatizzazione, per farli sentire alle persone non era cosa dappoco.

Keith Reid:

“Avevo l’abitudine di andare a vedere un sacco di film francesi alla Westminster Academy di Oxford Street (Londra). Pierrot Le Fou mi ha fortemente impressionato, come “L’anno scorso a Marienbad”. Ero anche molto preso dal surrealismo, Magritte e Dalì. È possibile tracciare una linea tra la narrativa e lo stato d’animo di quei film francesi e ‘A Whiter Shade Of Pale’.

…….. omissis …….

Avevo questa frase, ‘a whiter shade of pale’ (‘una tonalità più bianca del pallido’) che è stato l’inizio, e sapevo che era una canzone. E’ come un puzzle in cui hai un pezzo, poi costruisci gli altri in modo che si adattino. Stavo cercando di evocare uno stato d’animo per poter raccontare in modo chiaro la storia di una ragazza che lascia lascia il suo ragazzo. Con quel soffitto che vola via e quella stanza fortemente rumorosa volevo tratteggiare l’immagine di una scena. Non stavo cercando di essere misterioso, con quelle immagini, solo evocativo. Suppongo che possa sembrare una scena decadente, ma ero troppo giovane conoscere la decadenza, allora, avrei potuto aver fumato quando l’ho concepita, ma non quando la scrissi. Sono stato influenzato dai libri, non dalla droga.

Gary Brooker:

“Avevo ascoltato un sacco di musica classica e Jazz. Avevo suonato il rock e R & B per anni, i miei orizzonti si erano aperti. Quando ho incontrato Keith, leggendo i suoi testi ho pensato: ‘Mi piacerebbe scrivere qualcosa su questo.’ Non erano chiari, evidenti, ma questo non importa. Non è necessario comprenderne il significato, ma comunicare un’atmosfera. ‘A Whiter Shade Of Pale’ sembrava racconare di due persone, di un rapporto. E ‘un ricordo. C’era una partenza e un’atmosfera triste. Raggiungere l’anima di quei testi attraverso l’enfatizzazione, per farli sentire alle persone non era cosa dappoco.

Keith Reid:

“Avevo l’abitudine di andare a vedere un sacco di film francesi alla Westminster Academy di Oxford Street (Londra). Pierrot Le Fou mi ha fortemente impressionato, come “L’anno scorso a Marienbad”. Ero anche molto preso dal surrealismo, Magritte e Dalì. È possibile tracciare una linea tra la narrativa e lo stato d’animo di quei film francesi e ‘A Whiter Shade Of Pale’.

…….. omissis …….

Avevo questa frase, ‘a whiter shade of pale’ (‘una tonalità più bianca del pallido’) che è stato l’inizio, e sapevo che era una canzone. E’ come un puzzle in cui hai un pezzo, poi costruisci gli altri in modo che si adattino. Stavo cercando di evocare uno stato d’animo per poter raccontare in modo chiaro la storia di una ragazza che lascia lascia il suo ragazzo. Con quel soffitto che vola via e quella stanza fortemente rumorosa volevo tratteggiare l’immagine di una scena. Non stavo cercando di essere misterioso, con quelle immagini, solo evocativo. Suppongo che possa sembrare una scena decadente, ma ero troppo giovane conoscere la decadenza, allora, avrei potuto aver fumato quando l’ho concepita, ma non quando la scrissi. Sono stato influenzato dai libri, non dalla droga.

Ti Piace questo Articolo?

odd creative agenzia di comunicazione


Previous Article

Il chimp pop che a noi piace: Calcutta

Next Article

LA FOTO DI MADONNA COMPLETAMENTE NUDA DEL 1979

Ti potrebbe interessare