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Un incontro straordinario: le edizioni Henry Beyle

Ricordo bene le circostanze in cui conobbi le edizioni Henry Beyle. Ero in visita al Salone del Libro di Torino 2013: nel disordine degli stand ne notai da lontano uno poco colorato, quasi deserto, umilmente situato in un angolo di uno dei giganteschi padiglioni della fiera. Fui attratto dai colori delle copertine dei libri, monocromatiche e color pastello – una visione riposante per i miei occhi, saturati dall’aggressività generale dei cartelloni degli altri stand , e soprattutto dai formati dei volumi, molto piccoli.
Incuriosito, mi avvicinai. In bell’ordine, sul tavolo, c’erano i tomi: carte filigranate, copertine vergate, sulle quali i caratteri, nitidi e sottili, porgevano delicatamente i loro messaggi. Sfogliai tutto, e mentre parlavo con il giovane poco più grande di me addetto al pubblico osservai un uomo seduto in disparte. Taceva.

Mi guardava di traverso, con occhi furbi e intelligenti da dietro un paio di lenti tonde – mi ricordò Larry David in Basta che funzioni di Woody Allen –. Sembrava assorto nei suoi pensieri, non curava il pubblico. Solo minuti dopo, quando la mia curiosità si stava trasformando in indisponente invadenza, mi fece un paio di domande su chi ero e cosa facessi. Gli risposi che ero uno studente, che amavo i libri e avrei voluto che un giorno questi diventassero il mio mestiere. Subito gli guizzò un lampo negli occhi: prese un biglietto di presentazioni della casa editrice, me lo porse e mi disse: «in questo testo, che ho scritto io, c’è un grave errore. Se lo trovi, ti assumo». Non lo trovai.

È così che ho conosciuto le Henry Beyle edizioni e il loro creatore e direttore, Vincenzo Campo. Originario di Giuliana, piccolo paese in provincia di Palermo  ma trapiantato da anni a Milano –, il nostro, dopo aver lavorato per Mondadori e insegnato in un istituto scolastico, ha coraggiosamente deciso di iniziare a pubblicare i libri che amava per poterli leggere e far leggere. Ma di che libri si tratta? I volumi Henry Beyle sono innanzi tutto una gioia per i nostri sensi: formato piccolo (al massimo 13,50 per 19,50 centimetri per la collana “Piccola biblioteca degli oggetti letterari”), stampati su carta tedesca Zerkall Butten grammatura 110. I fogli sono filigranati: in controluce si vedono leoni e altri animali, sotto le dita la sensazione è quella di accarezzare una veste morbida e resistente allo stesso tempo, ed effettivamente la struttura è tale da prestarsi ottimamente alla tecnica di composizione e stampa scelta dall’editore, ovvero a monotype. Nessun file pdf, nessun computer entra in questa preparazione: i testi da pubblicare sono scovati grazie alle conoscenze personali di chi lavora in casa editrice, quindi affidati all’addetto alla macchina che li batte, compone e perfeziona completamente a mano. Sulle pagine appena stampate – tutte non tagliate in testa; al lettore è richiesto di separarle manualmente, come a dire che leggere, oltre a essere un piacere, è una responsabilità – si possono quasi sentire i dislivelli dell’impressione dei punzoni.

Alla Henry Beyle non interessa minimamente l’editoria digitale; lo stesso nome della casa editrice testimonia un burlesco gioco di intrecci col passato – Marie Henri Beyle era il vero nome di Stendhal, ma la «y» nel nome rimanda a quello che Campo considera il capolavoro dello scrittore francese, Vita di Henry Brulard –. Nata nel 2009 nel quartiere Bovisa, cuore della vecchia Milano industriale, la casa editrice si rivolge al pubblico con sei collane composte da volumi numerati. Gli autori – Perec, Buzzati, Scott Fitzgerald, Proust, per citarne alcuni – fanno parte dell’empireo della letteratura occidentale: i testi scelti, per lo più inediti o pressoché sconosciuti, rispondono tutti alla linea di condotta editoriale– di vita? – di Campo: non si può vivere senza libri, e allora è necessario rendere disponibili e leggere gli autori amati del passato, con le loro opere che rischiano di sparire sommerse dal nuovo che avanza, vincente sulla quantità quasi mai accompagnata dalla qualità. Se gli scrittori della Henry Beyle – tutti appartenenti al «mondo dei più»: in un’intervista del “Corriere della Sera” dichiara di aver risposto, a una persona che gli aveva inviato un manoscritto, che i suoi autori erano tutti morti, ottenendo in cambio la sparizione dell’aspirante alla pubblicazione – oltre che all’editore, piacciono anche al pubblico, poi, tanto meglio.

 

 

Walter Benjamin -Leggere romanzi polizieschi in treno

Copertina di Leggere romanzi polizieschi in treno (W. Benjamin), edizioni Henry Beyle, Milano 2013

Me ne andai da quel piccolo stand estasiato, entusiasta, tra le mani un libricino da regalare a mio fratello – Leggere romanzi polizieschi in treno, di Walter Benjamin, pubblicato nella collana “Piccoli quaderni di prosa e di invenzione”, tutta cucita a mano con filo dello stesso colore della copertina – e nella mia testa la consapevolezza rinnovata che l’amore – l’amore in generale, non solo quello per i libri – esige tempo, abnegazione e generosità. Proprio come Vincenzo Campo con la sua casa editrice.

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Ho diversi interessi, e tutti hanno un comune denominatore: i libri. Quelli di carta però, non venitemi a parlare di ebook che quella è la porta.

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