Binge Drinking: il potere sociale dell’alcol.

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Il binge drinking è l’assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve. In questa moda non è importante il tipo di sostanza che viene ingerita né l’eventuale dipendenza alcolica: lo scopo principale di queste “abbuffate alcoliche” è l’ubriacatura immediata nonché la perdita di controllo. A causa degli effetti a lungo termine, il binge drinking è considerato uno dei più grandi problemi di salute al giorno d’oggi.



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Stando ai dati dell’ISTAT dell’anno 2010: ” Nel complesso i comportamenti a rischio nel consumo di alcol (consumo giornaliero non moderato), binge drinking (sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione) e consumo di alcol da parte dei ragazzi di 11-15 anni riguardano 8 milioni e 624 mila persone, il 16,1% della popolazione di 11 anni e più. A livello territoriale, il consumo di alcol è più diffuso nel Centro-nord, soprattutto nel Nord-est, in particolare tra i maschi.

Tra le persone di 25 anni e oltre, la quota di consumatori nell’anno di bevande alcoliche aumenta al crescere del titolo di studio e questo è particolarmente evidente nel caso delle donne. Le differenze di genere, pur permanendo, diminuiscono all’aumentare del titolo di studio. Andamento inverso ha, invece, quello del consumo quotidiano, che risulta crescente al diminuire del titolo di studio, sia per gli uomini sia tra le donne”.

Da ricerche condotte sia nel campo giornalistico che statistico risulta un dato interessante, i giovani considerano binge drinking ed ubriachezza come discorsi diversi. Il primo porta ad uno stato di perdita dei freni inibitori, all’essere brilli e quindi allegri e socialmente “ben disposti”, il secondo è una condizione criticata dai consumatori stessi, in quanto classificata come una condizione a cui si giunge per “inesperienza”. Permangono dunque anche nelle nuove generazioni una connotazione negativa dell’ubriachezza e attese negative rispetto alle sue conseguenze, che si accentuano crescendo. L’ubriachezza infatti è spesso descritta come non intenzionale, e può essere tollerata solo nel caso di inesperienza, mentre una volta sperimentata la propria soglia di tolleranza, nella maggior parte dei casi si vuole evitare di subire i postumi della sbornia e di perdere il controllo, né si vuole correre il rischio di rovinare le interazioni sociali. Mentre l’ebbrezza è vista come un collante sociale, l’ubriachezza, anche secondo i ragazzi, può arrecare danno agli altri e guastare una serata.

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Ma quali sono i motivi che spingono i giovani verso questa condizione?
In genere i giovani bevono e si ubriacano più frequentemente per ragioni positive, cioè con l’intento di enfatizzare uno stato d’animo di per sé già positivo, che non per ragioni negative, cioè allo scopo di non pensare ai propri problemi o di superare il proprio senso di inadeguatezza. I motivi più frequentemente citati per bere tanto, la compagnia e il festeggiamento, sono gli stessi che da secoli contraddistinguono la tradizione del bere italiana. Una minoranza di giovani parla però anche di ragioni negative per bere, facendo riferimento ai problemi personali e alle difficoltà di rispondere alle attese sociali. L’alcol diventa dunque, ad esempio, il mezzo attraverso cui mettere al bando preoccupazioni, freni inibitori e timidezza, perché nel mondo della notte divertimento, disinibizione e protagonismo sono d’obbligo.

Non c’è cultura umana che non conosca l’utilizzo dell’alcol e chi non ha uva la ottiene da altre materie: i cinesi dal riso, i kazaki dal latte delle giumente, gli arabi dalle palme, nello Sri Lanka: «l’alcol svolge anche una funzione di prestigio sociale: il numero di bottiglie servite in una festa costituisce segno di ricchezza».

Alcol-collante sociale! Alcol- dipendenza!

Ai fini di identificare un disturbo da abuso di alcol per valutare il binge drinking, si utilizza un arco di tempo di 6 mesi precedenti ai quali si eliminano i falsi negativi.

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E’ evidente che occorre prima di tutto riflettere sull’opportunità di fare apparire come maggioritario un fenomeno che non lo è, sostenendo la tesi della normalizzazione (che persino i binger sono restii ad affermare) con il rischio  di incentivare il consumo eccessivo tra coloro che non si sentono “normali”. Questa visione, che rende omogenei tutti i giovani e fa coincidere il binge con il divertimento giovanile in generale, porta, da un lato, a sovrastimare il fenomeno, dall’altro, a trascurare quella minoranza di giovani che beve tanto, frequentemente e per accantonare problemi personali o per migliorare le proprie “perfomance” secondo quanto richiede il contesto sociale. Sono questi ultimi che meritano tutta l’attenzione del mondo adulto al fine di individuare strategie di prevenzione e di intervento mirate e adeguate. Questi aspetti non rappresentano affatto una novità: piuttosto è il lasso di tempo percepito tra giovinezza e adultità a essersi dilatato, e, di conseguenza, si è dilatato il periodo degli eccessi.

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